Quando l’accento proprio non ci va
C’era una volta, tanto tempo fa, una parolina piccola piccola, formata da solo due lettere: Fa.
Questa piccola parolina era molto felice di saltellare qua e là tra le righe, che fossero quaderni di giovani studenti all’inizio del loro viaggio nel mondo della scrittura, costellati da grafie ancora incerte, oppure in pagine di libri, stampate con caratteri eleganti e regolari.
Fa aveva una sorella, figlia anche lei del verbo fare: si chiamava Fa’ e aveva un caratterino tutto pepe, molto più di Fa, con una spiccata tendenza a dire agli altri cosa dovevano fare.
A dire il vero, Fa’ si vedeva in giro meno frequentemente rispetto a sua sorella, ma quando si presentava, tutti rigavano dritto.
Ma un giorno, successe qualcosa di molto funesto.
Non si sa da dove abbia avuto origine di preciso, probabilmente in un luogo situato tra il Burrone della Disattenzione e la Piana Desolata dell’Ignoranza: si alzò una fitta nebbia nera, che si muoveva rapida e veloce, provocando errori e refusi in ogni parola che toccava, che fosse scritta a mano o stampata.
Fa la vide arrivare da lontano e si spaventò, ma non riuscì a scappare abbastanza in fretta: ne venne avvolta totalmente.
La nebbia passò e scomparve all’orizzonte… ma si lasciò dietro qualcosa.
Fa aprì gli occhi, frastornata, e vide che di fianco a sé c’era una nuova sorella: ma era bruttissima a vedersi, stava tutta storta e aveva lo sguardo maligno, accentuato da uno strano trattino storto che le pendeva sulla testa.
Era Fà.
Fa e Fà lottarono, a lungo e duramente, a suon di correttori automatici, segni rossi tracciati sulla pagina, gomme, bianchetti e persino tasti canc.
Finché un grosso e massiccio vocabolario giunse corazzato a passo di marcia per soccorrere Fa, scacciando la maligna Fà grazie alla sua incontrastabile possanza.
Nel cielo tornò il sereno, e i segnacci rossi si allontanarono, lasciando le pagine bianche e splendenti.
Ma da allora…
questo duello si ripete ancora e ancora, ogni volta che le due si incontrano (e avviene anche ogni volta che Fà incontra l’altra gemella, Fa’) e che nessuno si preoccupa di chiamare un vocabolario in soccorso.
Ma la nebbia della Disattenzione e quella dell’Ignoranza sono sempre in agguato…
dobbiamo stare all’erta e non aver paura di chiamare un vocabolario in soccorso ogni volta che ci troviamo di fronte a questo duello!
E scommetto che nemmeno tu vuoi che questo provochi dei danni ai testi della comunicazione online della tua azienda: vanno mantenuti protetti e al sicuro!
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E ora… torniamo nel mondo reale, e scopriamo perché fà non va MAI scritto!
Henry Hustava on Unsplash
FA
1 caso
Partiamo dalla prima parola: come ci racconta la storiella, fa deriva dal verbo fare; si tratta infatti della 3a persona singolare presente indicativo di questo verbo, egli fa.
- Il gatto fa le fusa quando è felice.
- Oggi fa molto caldo.
- Chi fa da sé fa per tre.
- Ogni domenica la nonna fa i cappelletti in brodo.
Tutto molto lineare: c’è un soggetto, e questo soggetto fa qualcosa.
2 caso
Il secondo modo in cui si può usare fa è in alcune locuzioni avverbiali di tempo, con il significato di “passato”.
- C’era una volta, tanto tempo fa.
- Ho consegnato il progetto tre giorni fa.
- I primi dinosauri sono comparsi sulla Terra 230 milioni di anni fa.
In questo caso, c’è sempre una connotazione temporale, e il fa serve per indicare appunto che si tratta di un evento compiuto nel passato.
3 caso
L’ultimo caso è semplicissimo: si tratta della nota musicale.
- Do re mi fa sol la si do.
Come vedi, in tutti questi casi non servono né apostrofi, né accenti, perché la diversità dei contesti in cui si usano è tale da non rendere necessaria una diversificazione ortografica.
In pratica, se fai osservi il significato della frase, non c’è possibilità di errore tra verbo, nota musicale o parte di una locuzione avverbiale di tempo.
Ludemeula Fernandes on Unsplash
FA’
Passiamo ora al secondo caso: fa’, con l’apostrofo.
Anche qui abbiamo a che fare con un verbo. Si tratta sempre di una voce del verbo fare, ma stavolta della 2a persona singolare, imperativo presente:
- Mi raccomando, fa’ il bravo a scuola!
In realtà, questa forma è una variante di fai (stessa voce verbale): fa’ ne è il troncamento.
Ovvero, la -i finale viene soppressa, e al suo posto mettiamo l’accento.
Normalmente, un troncamento non prevede l’uso dell’accento, come nell’espressione “buon uomo” (anziché “buono uomo”): in questo caso però è obbligatorio, proprio perché serve a creare una forma che sia specifica e inconfondibile rispetto a fa.
Perciò, se il tuo fa’ sta esprimendo un ordine in maniera imperativa, sai che senza ombra di dubbio richiede l’apostrofo!
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L’ERRORE DA NON FARE
Abbiamo visto le due forme corrette…
ma se ricordi la storiella all’inizio di questo articolo, ricorderai che hanno una gemella malvagia. Errata sotto qualsiasi punto di vista.
Si tratta di fà, con l’accento.
Guarda quanto è obbrobriosa questa grafia, con quell’accento così fuori posto.
Fà è un errore (e anche fá, che non ti venga mai in mente).
Punto.
NON scriverlo mai, non c’è attenuante che tenga.
Non ha significato, non è una forma distintiva, è semplicemente un errore da non fare mai.
Ivars Krutainis on Unsplash
QUINDI…
Ricapitolando quel che abbiamo visto oggi:
FA: voce del verbo fare, 3a persona singolare indicativo presente/particella in locuzioni avverbiali di tempo/nota musicale.
FA’: voce del verbo fare, 2a persona singolare imperativo presente.
FÀ: ERRORE DA NON FARE MAI
Semplice, vero?
Ora tocca a te!
Mettiti al lavoro sui tuoi testi, per limarli e renderli accattivanti e interessanti: più lavorerai su di essi bene e con impegno, più i tuoi clienti vorranno leggerli… e più si faranno di te l’idea di un esperto nel tuo settore, preciso, scrupoloso e attento ai dettagli!
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E per scoprire altri errori da NON fare…
… ci vediamo lunedì prossimo!
La Penna Rossa
BIBLIOGRAFIA
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