How to… scrivere i forestierismi!

Usarle o non usarle: questo è il dilemma!

Oggi ci addentriamo in una vera e propria palude (e già ti anticipo che ci torneremo più volte, perché è molto vasta): quella dell’uso delle parole straniere in italiano.

Il tema è molto articolato, e quindi molto dibattuto: sicuramente sarà capitato anche a te di imbatterti, e magari più di una volta, in titoloni che annunciano la prossima morte della lingua italiana, soppiantata dall’inglese.

 

Innanzitutto, stiamo molto calmi: la lingua italiana NON sta morendo.

 

La contaminazione linguistica è un fenomeno naturale e vecchio quanto le lingue stesse: parole come giardino e cotoletta, che oggi sono italianissime, derivano in realtà dal francese, così come bolscevico deriva dal russo, maiolica dallo spagnolo e cioccolato nientemeno che dall’azteco.

 

Non solo: questo processo avviene anche al contrario. L’italiano ha influenzato tantissime lingue, a partire da parole ormai universali come spaghetti o pizza… ma sapevi, per esempio, che in polacco ci sono tantissime parole di origine italiana?

È grazie alla principessa italiana Bona Sforza, che nel 1500 sposò il re polacco Sigismondo I, portandosi dietro la sua cultura, se oggi in polacco cavolfiore si dice kalafior e conto corrente si dice kontokurent.

 

Ma torniamo in terra italica: non tutte le parole di origine straniera sono uguali. Quando parliamo o scriviamo, anche a istinto, parole come cioccolato e cotoletta ci suonano diverse da computer o email, o ancora di più da weekend o proofreader.

E il nostro istinto ha proprio ragione: tutte queste parole derivano in qualche modo da un’altra lingua… ma la loro natura è molto diversa. Quindi, la prima cosa da fare è capire esattamente di cosa stiamo parlando: di prestiti linguistici necessari, o puri vezzi? Di parole entrate nell’uso comune, o di tecnicismi specialistici? Cosa intendiamo esattamente per forestierismo?

 

Ma soprattutto… come e quando è corretto usarli, e come dobbiamo comportarci in loro presenza?

 

L’italiano non è una lingua semplice già di suo… figuriamoci se ci mettiamo in mezzo le parole di altre lingue! Come fare a raccapezzarsi? La prima cosa da fare è leggere tantissimo e continuare a studiare… e intanto, seguire questa rubrica!

La Penna Rossa è qui per te! 

Insieme, ogni settimana, andremo a vedere le diverse regole della lingua italiana e i problemi più dibattuti a riguardo, per scoprire quali errori NON devi mai commettere nei tuoi testi… se vuoi che siano calamite per gli occhi dei tuoi clienti!

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E ora, andiamo a scoprire come funzionano i forestierismi!

 

bicchiere di starbucks

Amanda Yun on Unsplash

 

TANTE PAROLE STRANIERE, TUTTE DIVERSE

Partiamo dalla definizione della Treccani: cos’è esattamente un forestierismo?

forestierismo s. m. [der. di forestiero]. – […] Parola, locuzione, o anche costrutto sintattico, introdotti più o meno stabilmente in una lingua da una lingua straniera, sia nella forma originaria (nel qual caso si chiamano anche esotismi: per es., il fr. garage, l’ingl. week-end, il ted. Leitmotiv), sia con adattamento alla struttura fonetica e morfologica della lingua d’arrivo (nel qual caso in linguistica si parla più propriam. di prestito: per es., dettaglio, bistecca). […]  A seconda del paese d’origine, i forestierismi penetrati nell’italiano si distinguono in francesismi (o gallicismi), anglicismi, germanismi, spagnolismi (o iberismi o ispanismi), ecc.

 

Dunque, le parole straniere entrano nella nostra lingua a livelli diversi

Per prima cosa, possiamo lasciare da parte le parole di etimologia straniera, ma ormai entrate stabilmente nel sistema linguistico italiano, tanto da risultare difficilmente riconoscibili a prima vista: i forestierismi adattati, o più propriamente prestiti linguistici.

Ad esempio, abbiamo azzardo dal francese hasard, o bistecca da beefsteak: la loro origine straniera ormai non si percepisce più, e le parole seguono le normali regole per quanto riguarda la concordanza singolare/plurale, maschile/femminile, gli articoli e via dicendo.

 

Quelli su cui ci concentriamo oggi sono i forestierismi non adattati: parole che ci accorgiamo subito essere straniere, ma che possono essere di due tipi, e a seconda di questi cambiano le regole per servirsene in un testo.

mappamondo disegnato col pirografo

Photo by Brett Zeck on Unsplash

 

 

  • FORESTIERISMI DI USO COMUNE

 

In questo caso, abbiamo a che fare con parole di origine chiaramente straniera, ma che ormai da tempo sono entrate stabilmente nell’uso comune: tutti i parlanti conoscono il loro significato e li usano senza generare problemi di incomprensione.

Esempi: computer, email, t-shirt, password, display, film, babysitter, scoop, bidet, toilette, baguette, ecc.

 

Come dobbiamo comportarci in presenza di questa tipologia di parole? Finché stiamo parlando, il problema non si pone… ma al momento della scrittura? Ci sono alcune regole da seguire, altrimenti… BACCHETTATE!

 

  • Grafia: prima di tutto, ricordati sempre di utilizzare la grafia corretta. Vale per qualsiasi parola, ma per i forestierismi ci vuole un occhio di riguardo in più: si scrive déjà-vu, non dejavu. Il dizionario è un tuo alleato potente: usalo sempre!

 

  • Corsivo: in questo caso, non è necessario scrivere in corsivo queste parole.

 

  • Genere: si usa il genere con il quale si sono affermate in italiano, che di solito corrisponde a quello della lingua d’origine. Se nella lingua d’origine una parola era di genere neutro, di solito in italiano prende genere maschile.

 

  • Plurale: NON si forma. Le parole di uso comune rimangono sempre invariate: non scriveresti mai due computers, e nemmeno due films o due baguettes. Ed ecco il motivo per cui non dovresti MAI scrivere curricola: la forma curriculum, proveniente dal latino, si è attestata ormai da lungo tempo, ed è quindi considerata invariabile.
    L’unica eccezione è quando abbiamo a che fare con parole che si sono stabilizzate solo nella loro forma plurale, come jeans o tapas… che quindi in italiano non hanno forma singolare.

 

 

  • FORESTIERISMI RECENTI O SPECIALISTICI

 

Il discorso cambia quando abbiamo a che fare con neologismi, quindi con parole che solo di recente stanno arrivando nella nostra lingua, o con termini molto specialistici o tecnici. In questo caso, non possiamo dare per scontato che tutte le persone riescano a comprenderle, perciò in un testo dobbiamo in qualche modo metterle in evidenza, che sia usando il corsivo o le virgolette.

Esempi: qui potrei elencare qualsiasi parola straniera mi venga in mente (che ovviamente non ricada nella categoria che abbiamo visto sopra. Ringkompostion (tedesco; struttura ad anello di un testo), zamek (polacco; castello) fluffy (inglese; morbido e peloso), lullaby (inglese; ninna nanna); hola (spagnolo; ciao), itadakimasu (giapponese; buon appetito); bookworm (inglese; topo di biblioteca), e via dicendo.

 

Qui, alcune regole cambiano, rispetto a prima: vediamo quali!

 

  • Grafia: ovviamente, vale esattamente come prima. La grafia corretta, così come indicata dal dizionario della lingua d’origine, è indispensabile.

 

  • Corsivo: in questo caso, è necessario evidenziare la parola nel testo. Di solito si opta per il corsivo o per l’uso delle virgolette: io preferisco senza dubbio il corsivo, perché non rischia di appesantire il testo e mantiene più fluida la lettura.

Un piccolo appunto: se si tratta di un testo molto specialistico, come un manuale di istruzioni per informatici, il corsivo non è necessario, perché il lettore, che si presume sia uno specialista, ha già familiarità con quei vocaboli.

 

  • Genere: è obbligatorio rispettare il genere della lingua di provenienza.

 

  • Plurale: va sempre formato secondo le regole della lingua di provenienza. Per semplificarti la vita, puoi ricordarti una regoletta semplice: se la parola è in corsivo ed è al plurale, metti la -s! Per esempio: “I rumors più recenti”.

blocco per appunti con una penna rossa in avvicinamento dall'alto

Photo by Kelly Sikkema on Unsplash

 

 

USARLI O NON USARLI?

Veniamo ora alla questione più filosofica: va bene/è corretto servirsi dei forestierismi, o sarebbe meglio farne a meno?

 

La risposta è: dipende.

 

Quando abbiamo a che fare con parole che in italiano proprio non esistono, la scelta è obbligata: browser va benissimo. Oppure, magari esiste un’alternativa possibile in italiano, ma suona come un’inutile forzatura: chiameresti mai “pagina d’atterraggio” una landing page, o “calcolatore” un computer, o, peggio, “rete sociale” un social network?

Spero per te di no.

 

Ci sono però casi dove l’italiano ha una parola perfettamente corrispondente: non è necessario usare deadline, quando esiste scadenza, o know-how al posto di competenze. Lo scopo dei tuoi testi è quello di essere il più chiari possibile nel trasmettere il loro messaggio: perché mai dovresti complicarli inutilmente, inserendo parole straniere non necessarie?

 

Perciò, usa sempre il buon senso… e un buon dizionario!

foto di dizionario aperto

Pisit Heng on Unsplash

 

QUINDI…

Ora hai capito la grande differenza forestierismi di uso comune e quelli affermati: sai quando usare il corsivo, e quando è necessario indicare il plurale (ricorda: corsivo e plurale in questo caso vanno sempre a braccetto).

Hai anche capito che le parole straniere non sono per forza il male assoluto… ma che non vanno nemmeno usate a sproposito, magari pensando di darsi un tono ma risultando alla fine solo pomposo e incomprensibile.

 

Perciò, ora sta a te!

 

Armati di dizionario (anche uno online, basta che tu non abbia paura di usarlo) e dedicati ai tuoi testi: più ci lavorerai, dedicando loro cura e impegno,  più i tuoi clienti vorranno leggerli tutti e te ne chiederanno altri… perché i tuoi saranno una spanna sopra quelli dei tuoi concorrenti!

 

Sei impaziente di metterti alla prova?

 

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E per scoprire altri errori da NON fare…

…ci vediamo lunedì prossimo!

 

La Penna Rossa

 

BIBLIOGRAFIA

BECCARIA G.L., Dizionario di linguistica e di filologia, metrica, retorica, Einaudi, Torino 2004.

BERRUTO G., Corso elementare di linguistica generale, UTET, Torino 2012.

CANNAVACCIUOLO A., Manuale di copywriting e scrittura per il web, Hoepli, Milano 2019.

CERRUTI M., CINI M., Introduzione elementare alla scrittura accademica, Laterza, Roma-Bari 2010.

D’ACHILLE P., L’italiano contemporaneo, Il Mulino, Bologna 2006.

DEL BONO G., La bibliografia, Carocci, Roma 2000.

DELLA VALLE V., PATOTA G., Piuttosto che: cose da non dire, cose da non fare, Sperling&Kupfer, Milano 2013.

FANCIULLO F., Introduzione alla linguistica storica, Il Mulino, Bologna 2007.

EDIGEO (a cura di), Manuale di redazione, Editrice Bibliografica, Milano 2013.

MARTINUCCI A., Guida alla bibliografia internazionale, Editrice Bibliografica, Milano 1994.

MIDDENDORP J., TWOPOINTS.NET, Type Navigator. The Indipendent Foundries Handbook, Gestalten, Berlin 2011.

MORTARA GARAVELLI B., Prontuario di punteggiatura, Laterza, Bari-Roma 2020.

PENSATO R., Manuale di bibliografia, Editrice Bibliografica, Milano 2007.

SCALA F., Piccolo manuale del correttore di bozze, Modern Publishing House, Milano 2011.

SCALA F., SCHIANNINI D. (a cura di), Piccolo manuale di editing, Modern Publishing House, Milano 2009.

SERIANNI L., Italiano, Garzanti, Torino 2000.

 

SITOGRAFIA

Accademia della Crusca – accademiadellacrusca.it

Campagna a sostegno dell’uso corretto di Piuttosto che – piuttostoche.com

Treccani online – treccani.it

Zanichelli online – dizionaripiu.zanichelli.it

GHENO, V., Tutto il mondo è paese: il bello della contaminazione linguistica, 14 luglio 2020, Zanichelli Online https://dizionaripiu.zanichelli.it/cultura-e-attualita/glossario/tutto-il-mondo-e-paese-il-bello-della-contaminazione-linguistica/

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  • Maria

    Salve, voi dite “Plurale: va sempre formato secondo le regole della lingua di provenienza. Per semplificarti la vita, puoi ricordarti una regoletta semplice: se la parola è in corsivo ed è al plurale, metti la -s! Per esempio: “I rumors più recenti.” Ma io so, perché l’ho letto da varie parti, che il plurale non va messo alle parole straniere. Come ci si deve comportare? Grazie!

    • Sara Gianotto

      Ciao Maria, grazie per la domanda!
      Di norma, le parole straniere che sono entrate nell’uso comune, come ad esempio computer, non vanno mai declinate al plurale (computers sarebbe un errore).
      Ma se invece si tratta di una parola non ancora di uso comune, va scritta in corsivo per segnalarla e in questo caso quando serve va declinata al plurale, come ad esempio rumors.

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