Un lungo fenomeno linguistico
Perché chiamiamo la regina Elisabetta con il suo nome italianizzato…
ma per suo figlio il principe William manteniamo il nome inglese?
E non solo.
Questo fenomeno si osserva anche per i toponimi: abbiamo Parigi e Londra, ma anche New York e Aberdeen; e ancora Città del Messico e Montréal.
Per non parlare poi dei libri di scuola che ci hanno parlato per anni di Cartesio, Francesco Bacone e Anna Bolena, e di Friedrich Nietzsche, William Shakespeare e Gustave Flaubert.
Come vedi, che si tratti di nomi propri o toponimi, ci sono due opzioni per scriverli (e pronunciarli):
- forma originale
- italianizzazione
E qual è la regola per capire cosa tradurre e come tradurlo, o se limitarsi ad adattarlo graficamente e come?
Ho una brutta notizia per te.
Non c’è una regola codificata.
Ma aspetta ad esultare: il fatto che non ci sia una regola precisa, non vuol dire che tu sia al riparo dagli errori.
Perché ci sono delle consuetudini molto radicate, e non seguirle sarebbe un errore!
Scriveresti forse “Quest’estate sono andato a London e ho visto il Ponte della Torre?”
Spero di no, o vengo a cercarti a casa con le bacchettate.
Quindi, non puoi permetterti di essere superficiale su questo argomento quando scrivi i testi per la comunicazione della tua azienda: le persone sono molto più sensibili alle consuetudini d’uso che alle regole, perciò non riusciresti mai a vendere a un italiano una tazza con l’effigie del principe Guglielmo o di re Charles.
Non capirebbe a chi ti riferisci. E passerebbe oltre!
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E ora…
andiamo a scoprire quando e come italianizzare nomi propri e toponimi stranieri!
NOMI DI LUOGHI
Che si tratti di nomi di persone o di luoghi, l’integrazione di nomi stranieri nella propria lingua è un fenomeno che si verifica in tutte le lingue e che si verifica ogni volta in cui popoli diversi vengono a contatto.
Le modalità in cui questo fenomeno avviene possono però essere molto diverse.
Partiamo con i nomi dei luoghi!
In generale, in passato, la tendenza più naturale è sempre stata quella di adattare il più possibile i nomi stranieri all’italiano, sia per grafia che per pronuncia, per farli rientrare nel nostro sistema fonetico e ortografico.
Tuttavia, le vie per farlo sono più d’una: ci possono essere sviluppi italiani da forme latine (come Acquisgrana, da Aquae Grani); altri che mantengono la loro forma originale (come New York), altri che sono stati adattati alla morfologia dell’italiano (come San Pietroburgo) oppure altri che non sono forme pienamente italianizzate ma nemmeno originali (come Copenhagen).
La regola principale è quella della consuetudine d’uso.
In sostanza, se un toponimo straniero è familiare da lungo tempo nella storia ai parlanti italiani, la forma sarà sicuramente italianizzata; la tendenza a mantenere la forma originale è molto recente.
Andiamo a vedere nello specifico i vari casi.
-
Nomi di paesi e regioni
- Mediati dal francese o dall’inglese
Francia e Inghilterra, in quanto potenze coloniali, hanno avuto relazioni prima dell’Italia anche con paesi più lontani: per questo, molti toponimi sono entrati in italiano attraverso queste due lingue e non dall’originale.
Esempi: Afghanistan (fr. Afghânistân, ingl. Afghanistan)
Botswana (fr./ingl. Botswana)
Ciad (fr. Tchad, ingl. Chad)
Cambogia (fr. Cambodge, ingl. Cambodia)
- Tradotti
A volte, abbiamo una vera e propria traduzione, specialmente quando si tratta di appellativi composti da più parole.
Esempi: Stati Uniti d’America
Regno Unito
Nuova Zelanda
- Dal latino
Se invece si tratta di paesi facenti parte della cultura europea già dalle origini, lo sviluppo delle parole parte dalla denominazione latina e si evolve direttamente in italiano.
Esempi: Egitto da Aegyptus
Scozia da Scotia
Spagna da Hispania
- Forma originale
Il terzo caso racchiude i nomi di paesi più recenti, per i quali si tende a mantenere la forma originale (oppure a creare minimi adattamenti quando le forme originali presentano grafemi o fonemi estranei all’italiano)
Esempi: Argentina, Bolivia, Uruguay, Cile (anziché Chile), Messico (anziché México)
-
Nomi di città
Il discorso in generale è abbastanza analogo ai nomi di paesi e regioni.
- Integrati in italiano dal nome originale
Quando si tratta di nomi di città conosciuti da lungo tempo.
Esempi: Avignone (Avignon); Parigi (Paris); Barcellona (Barcelona); Leida (Leiden); Francoforte (Frankfurt); Vienna (Wien)
- Mediati da una terza lingua
Esempi: Bucarest dal fr. Bucarest (in rom. Bucuresti), Cracovia dal fr. Cracovie (in polacco Krakow)
- Dalla forma latina
Esempi: Aquisgrana (lat. Aquae Grani) per Aachen, Augusta (lat. Augusta [Vindelicorum]) per Augsburg, Colonia (lat. Colonia [Agrippina]) per Köln
- Forma originale (con frequenti adattamenti della pronuncia)
Esempi: Bonn, Dortmund, Essen, Chicago, Washington
NOMI PROPRI DI PERSONA
Per quanto riguarda i nomi di persona, il criterio principale rimane sempre lo stesso: da quanto tempo un dato nome è entrato nella lingua italiana.
Più questo tempo è lungo, più è probabile che il nome sia stato italianizzato.
- Nomi di origine antica e biblica
Entrati in italiano attraverso il latino, hanno tutti la loro forma italianizzata.
Esempi: Adriano (Hadrianus), Socrate (Socrates), Cesare (Kaesar), Cartesio (Cartesius), Erasmo (Erasmus)
- Nomi più moderni
In origine, anche questi venivano italianizzati: pensa a Francesco Bacone (Francis Bacon), Giovanna d’Arco (Jeanne d’Arc), Abramo Lincoln (Abraham Lincoln), Leone Tolstoj (Lev Tolstoj) e via dicendo.
Tuttavia, oggi si tende a mantenere le forme originali: ecco perché chiamiamo re Carlo in questo modo (siamo abituati a chiamarlo così ormai da 70 anni), ma suo figlio principe William e non Guglielmo.
L’unico adattamento che continua a essere fatto è quello grafico, quando siamo in presenza di grafemi non contemplati nel nostro sistema linguistico (come ad esempio i nomi russi o orientali in generale).
Un ultimo appunto interessante a riguardo dei nomi italianizzati riguarda il ventennio fascista: in quegli anni furono emanate leggi che spingevano all’italianizzazione forzata di toponimi, cognomi, nomi e in generale qualsiasi forestierismo in uso.
Naturalmente, finito il Fascismo, quelle leggi persero valore e la lingua riprese il suo corso naturale.
Ciononostante, ne sentiamo ancora le conseguenze in territori di confine (e quindi mistilingui), come ad esempio l’Alto Adige, la Valle d’Aosta, il Friuli Venezia-Giulia, dove ancora oggi resiste la doppia denominazione.
QUINDI…
Abbiamo visto che non esiste una regola codificata; come dobbiamo regolarci allora?
Teniamo bene a mente che:
- Il criterio principale da seguire è la consuetudine d’uso
- Oggi si tende a mantenere il più possibile le forme originali (a meno che, appunto, non si tratti di nomi ormai entrati da lungo tempo in italiano con una forma italianizzata ormai codificata)
Se sei in dubbio, non esitare e consulta un’enciclopedia online!
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E per scoprire altri errori da NON fare…
… ci vediamo lunedì prossimo!
La Penna Rossa
BIBLIOGRAFIA
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